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di Giuliano Blaskovic
socio del Cist Centro INTERNZIONALE DELLA STAMPA TURISTICA
Quest’anno il congresso F.I.J.E.T. si è tenuto a Rhodes, accolti da un clima ancora estivo che ha favorito notevolmente le escursioni e la visita dell’isola, destinazione che merita senz’altro un soggiorno prolungato.
Il clima favorevole da marzo ad ottobre, le bellezze naturali e l’importanza storica del territorio la rendono accattivante sotto molti aspetti. A ciò si aggiunge, per noi italiani, la consapevolezza del nostro apporto, nei primi 30 anni del ‘900, nei lavori di restauro e nel recupero delle vestigia storiche che, per questo motivo, ora guardiamo anche con una punta di orgoglio. Da allora le strutture turistiche, anche quelle molto importanti, si sono moltiplicate a vista d’occhio sviluppandosi principalmente lungo le coste. Questo incremento è confermato dal traffico aereoportuale in continua espansione, con molti collegamenti internazionali, anche di compagnie low cost. L’aeroporto di Rodi-Diagoras, inoltre, dista solo 15 km da Rodi.
L’eccellente organizzazione del nostro soggiorno ci ha permesso di apprezzare una delle prestigiose realtà di accoglienza di Rodi, l’Akti Imperial Hotel& Convention Center, ineccepibile sotto ogni aspetto. Nonostante l’altissimo numero di ospiti che vi soggiornano, la formula all inclusive soddisfa ogni palato ed esigenze ad ogni ora del giorno e della notte. I ristoranti all’interno della struttura propongono pietanze di ogni parte del mondo comprese, ovviamente, le prelibatezze locali. L’attenzione e la disponibilità del numeroso personale, nonché la cordialità, i grandi spazi, le piscine, la spiaggia attrezzata, le palestre e la Spa hanno trasformato un incontro di lavoro in uno stato di benessere. Coniugare le due cose è il massimo che un hotel possa offrire!
Interessanti le relazioni di apertura del congresso del presidente F.I.J.E.T. Mr Tijani Haddad, del segretario generale Mrs Marijana Rebic, di Mr. Konstantinos Taraslias, Mr. Theodoros Divanis, Mr. Dimitris Fragakis, Mr. Stathis Miniatis, Mr. George Matsigkos e Mr. Athinagoras Konstantinidis.
Che dire che non sia già stato detto su Rodi? Che si parli di natura, di economia o di storia il discorso cade sempre sul famoso Colosso e, verità o leggenda, stimola immaginazione e curiosità.
Possiamo comunque dire che la leggenda è una realtà.
Filone di Bisanzio nel 225 a.C. ne documenta l’esistenza inserendolo tra le “sette meraviglie del mondo”(antico); sostiene che la statua sia stata eretta tra il 290 e il 280 a.C. e che sembra fosse crollata dopo circa 67 anni a causa di un terremoto. Anche Plinio il Vecchio nella sua “Storia Naturale” scrisse che il Colosso, in seguito al terremoto, “era sdraiato ed era una meraviglia”.
Nel 300 a.C. a Carete di Lindos (allievo di Lisippo probabile autore dei quattro cavalli posti sulla facciata di San Marco a Venezia) fu commissionata una statua dedicata al dio Helios, protettore di Rodi, per commemorare la vittoria contro il re di Macedonia. La statua venne creata recuperando il bronzo fuso delle armi e macchine da guerra ma fu egualmente un’opera costosissima, la cui costruzione terminò dopo 12 anni.
Si suppone che il Colosso fosse alto circa 34 metri e che occupasse uno spazio di 18 metri di larghezza con l’apertura delle braccia, che le cosce avessero un diametro di 3 metri ciascuna e le caviglie 1 metro e mezzo.
Nonostante in quel periodo fosse piuttosto comune erigere statue di dimensioni notevoli e che nella stessa Rodi ce ne fossero altre, la sua posa dovette essere davvero spettacolare. Pare che l’esterno fosse ricoperto da lastre di bronzo in quanto sarebbe stato impossibile eseguire una colata da quell’altezza, mentre l’interno era composto da blocchi di marmo. Appaiono strabilianti le capacità e la forza degli artigiani di allora che, senza mezzi se non scale e carrucole, riuscivano in simili imprese.
Nel 653 d.C. Rodi fu conquistata dagli arabi che vendettero la statua ad un ebreo di Ernesa. I resti del Colosso vennero segmentati per facilitarne il trasporto verso la Siria, che avvenne per nave e sul dorso di oltre 900 cammelli. Il materiale venduto venne poi utilizzato, si pensa, per la costruzione di monumenti ed abitazioni in Siria.
Una xilografia della metà del 1500 di J. Cousin lo immagina semi- nudo a braccia alzate che impugna una lancia e una spada, con lunghi capelli ondulati sulle spalle , con un pezzo di stoffa che lo copre parzialmente e un enorme ciondolo al collo. Nei secoli altri disegni, arazzi o ricostruzioni per film, videogiochi o souvenir ne reinterpretano l’immagine ma la postura rimane sempre simile e lo si vede ritto sulle possenti gambe divaricate, sotto le quali si immaginava dovessero passare tutti i velieri che entravano nel porto di Mandràki. Sembra, invece, che potesse essere stato posizionato come faro sulla collina antistante essendo molto difficile far transitare le navi tra le sue gambe, sotto uno spazio così ristretto. In effetti in altre immagini tiene un braccio alzato che regge un braciere acceso per orientare le navi nell’accesso all’isola.
Durante l’occupazione italiana sono state messe all’ingresso del Mandràki, nel punto esatto dove si credeva fosse appoggiato il Colosso, due colonne di marmo con sopra le st
atue in bronzo di Elafos (cervo) e Elafina (cerva) che, secondo la leggenda, avrebbero salvato l’isola cacciando i serpenti che la infestavano.
Divenute l’emblema di Rodi, le colonne sono un ottimo punto di partenza sia per entrare dalle imponenti porte della fortezza verso la parte medioevale della città, sia per accedere alla Città Nuova che, contrariamente al nome, è sorta 500 anni fa quando i conquistatori ottomani costrinsero la popolazione greca a vivere fuori dalla cinta muraria. Ora questa zona è il centro amministrativo della capitale e sul lungomare ci sono i principali edifici pubblici costruiti nel periodo mussoliniano.
Alle colonne fanno da sfondo la diga ed i famosi mulini a vento, in passato pronti per la macina delle granaglie che arrivavano via mare al porto.
Dopo il terremoto del 226 a.C. che aveva causato il crollo del Colosso, i rodioti interrogarono l’Oracolo sull’opportunità della sua ricostruzione ma lo stesso diede un responso negativo considerandolo un segno funesto (forse la saggezza suggerì di ricostruire ciò che più era utile).
Anche in tempi più recenti, quasi in risposta all’Oracolo, le varie proposte di riproporre il monumento, susseguitesi negli anni, non sfociarono in progetti reali. Il sindaco di Rodi Mr. Iannopoulos, nel 2000, emise un bando per concorrere alla ricostruzione della statua del Dio Helios per le Olimpiadi ospitate dalla Grecia nel 2004; successivamente altri artisti hanno proposto i loro progetti senza conseguenze ed ora tra gli abitanti si vocifera di un utopico progetto che racchiuda ristoranti e negozi dentro un fantomatico nuovo Colosso.
Eh sì, il Colosso di Rodi è un’attrazione che non c’è ma continua ad alimentare fantasie e supposizioni che aggiungono fascino alla ricca storia dell’isola e, riconducendoci alle vicende del passato, stimolano alla riflessione sulle grandi capacità degli uomini ma anche ai grandi errori della storia.
Giuliano Blaskovic