Le scogliere dell’isola di San Pietro, Sardegna
Di Maria Grazia Messina
consigliera del Centro internazionale della stampa Turistica media www.vipjetbonelli.com
Le scogliere dell’isola di San Pietro, Sardegna
L’sola di San Pietro si trova all’estremità sud ovest della Sardegna, è un’isola di grande estensione (la quinta delle isoli cosiddette minori, dopo Pantelleria, L’Elba, Ischia e la vicina Sant’Antioco), e costituisce un mondo tutto a sé, il che ne spiega il grande fascino. Vi è un solo centro abitato, il caratteristico paese di Carloforte, dove attraccano i traghetti che vengono o da Porto Vesme sulla costa sarda o da Calasetta nella prospiciente isola di Sant’Antioco. Carloforte è una sorpresa già a scorgerlo, quando ci si avvicina col traghetto: un agglomerato di case a vivaci colori, giallo, rosa, arancione, sovrapposte in lieve pendenza e dominate dai resti di una fortezza, con colline boscose alle spalle: sembra di accostarsi alla Liguria, non a un insediamento nel bel mezzo del Mediterraneo centrale. L’impressione è confermata dalle strette stradine che si inoltrano nel centro, simili ai carrugi della zona del porto di Genova, e dalla parlata che si intercetta appena sbarcati: non certo il dialetto sardo, ma una lingua molto simile al corso e soprattutto ai dialetti liguri. Il fatto è che l’isola venne popolata, agli inizi dell’età moderna da una colonia di pescatori di corallo che venivano dal ligure villaggio di Pegli, e che ben presto furono l’oggetto di scorrerie dei pirati saraceni, e trasferiti nell’isola di tunisina di Tabarka, che si trova a 700 km a Sud. Vessati e stranieri in un paese mussulmano, furono riscattati dal re di Savoia Carlo Emanuele III, alla fine del ‘700, riportati a San Pietro e destinati a popolare l’appena fondato insediamento di Carloforte (dal nome del re), che doveva costituire l’avamposto difensivo a Sud, proteso nel Mediterraneo, del Regno di Savoia e Piemonte. La comunità prosperò, non tanto con la pesca del corallo, ma ora, soprattutto con quella del tonno. Ancora oggi la pesca del tonno rosso, e una cucina fatta di prelibati piatti a base di tonno, costituisce una delle attrattive di Carloforte: c’è ancora una tonnara, nella punta Nord Est dell’isola, e un grande richiamo è costituito, nel periodo della pesca, a fine maggio, dalla manifestazione del Girotonno, tre giorni che vendono in competizione i migliori cuochi dell’area del Mediterraneo, impegnati a proporre ricette innovative a base di questo pesce di sapore intenso e di carne tenera quanto polposa, se gustato fresco. Fra i tanti ristoranti che lo propongono al porto ed entro il paese, certamente il più attento alle tante varietà di presentazione e cottura di questo pesce è il “Tonno di corsa” (via Guglielmo Marconi 47), situato in una stradina in salita nel paese vecchio: oltre ai tranci di tonno alla brace, il piatto più caratteristico è la caponata di tonno, una freschissima insalata fatta di scaglie di pane croccante, pomodorini, cetrioli, olive e ventresca di tonno, tutto amalgamato insieme da olio e basilico. Carloforte, con le sue coste pescosissime, le ottime pescherie, è difatti un posto per gourmet, ma anche su altri versanti della cucina non solo di pesce: fra le paste eccelle il pasticcio alla carlofortina, una sorta di timballo con una salsa di pesto ligure e pomodoro, oppure la pasta all’uovo locale, la fregola, o gli ottimi pasticcini secchi, o infine le focacce su variazione di quelle liguri. Rosticcerie e fornai, dai profumi che si diffondono per le stradine del paese, abbondano nel centro del paese. Un’altra sorpresa attende chi vi si aggiri nei mesi estivi e arrivi nella piazzetta al centro, serrata fra l’approdo dei traghetti e la chiesa cattedrale, un luogo di conversazione e riposo, fatto per sostare sulle panche circolari poste sotto gli ombrelloni naturali costituiti da quattro giganteschi alberi di ficus. Qui la domenica mattina, al posto dei soliti mercatini estivi di tante località turistiche, si trovano banchi di prodotti artigianali di grande qualità, e soprattutto due/tre bancarelle di libri d’occasione, con una grandissima scelta di testi di letteratura e saggistica. La spiegazione è che l’isola non è popolata dal tipico turismo estivo balneare, diciamo il “genere mordi e fuggi”, è dotata di pochissimi alberghi (fra questi, entro il paese, il Riviera e il California), altrettanto pochi B&B in paese, e solo qualche agriturismo sparso nella campagna (segnalo il Garden Rooms con bungalows disseminati entro una fioritissima vegetazione), mentre mancano del tutto aree di campeggio. I turisti sono soprattutto una sorta di residenti stagionali di lungo corso: dagli anni settanta, nuclei familiari, provenienti specie da Genova o Torino, avventurosi e amanti della natura la più incontaminata, tanto da fare a meno di reti di acqua pubblica e di elettricità, hanno scoperto l’isola e si sono insediati in antichi edifici di puro uso agricolo, rimesse, stalle, disseminati nella campagna, fra macchia e pinete. Le tipiche costruzioni rurali, intonacate a calce, con una falda di tetto a spiovente, muri spessi e strette finestre, sono state restaurate, dotate di pergole e camini, e di cisterne di acqua piovana ripristinate; sono diventate case di vacanza per gente che ami un mare “forte”, fatto di scogliere, fondali pescosi, venti di maestrale e isolamento. Gente di buona cultura, inoltre, che ama rovistare nelle bancarelle di libri vecchi, o le cui donazioni hanno arricchito la Biblioteca pubblica di Carloforte, un’altra oasi, dove chi abbia necessità di connessioni stabili per lavorare può sostare con il proprio pc. L’assenza di acqua potabile, la necessità di impiegare al risparmio l’acqua delle cisterne (anche se piccole autobotti scorazzano per l’isola, rifornendo le cisterne vuote con l’acqua di pozzi artesiani) e la rara disponibilità di buone reti internet rende, difatti ,i lunghi soggiorni estivi una scelta quasi elitaria, propria di persone che qui si sono radicate da decenni e che dell’isola conoscono le bellezze naturali le più impervie, gli anfratti più nascosti.
L’isola di San Pietro offre delle scogliere fra le più belle e solitarie di Sardegna, ma, in quest’ultimo caso, per lo più avvicinabili con buone scarpe, percorrendo sentieri nella macchia, e poi inerpicandosi, a salire e a scendere per banchi di rocce, con aggetti mozzafiato sul mare, fino a trovare una piazzola riparata dove ancorare un ombrellone o meglio un telo tirato fra spuntoni di roccia. Da queste postazioni si raggiunge con un tuffo o con gradoni naturali, che vanno scovati, un’acqua cristalline, con le sue variegate sfumature dal verde smeraldo al turchese all’azzurro trasparente, spesso in piscine naturali, riparate dai frangenti. Il mare è qui spesso impetuoso o per i venti di scirocco o per quelli, contrari di maestrale: l’esperienza di chi da anni viene sull’isola aiuta a trovare ogni mattina il tratto di costa con l’esposizione migliore, con acque tranquille. Per i neofiti, c’è il conforto di un app appositamente studiata, Trekking San Pietro, che ogni mattina da la situazione delle spiagge, insieme a tracciati di passeggiate o itinerari più impegnativi percorribili a piedi.
Certo c’è un gran numero di spiagge libere dalla sabbia fine, accessibili da vicini parcheggi, con fondali sabbiosi che si estendono fino al largo e, inoltre, contornate da scogli, per cui si può abbinare il riposo sulla spiaggia allo stendersi invece fra le rocce; evidentemente, in piena estate, fra metà luglio e ferragosto soffrono di affollamento. Si tratta di mete facilmente identificabili, grazie a una cartina che viene fornita dall’Ufficio turistico, situato di fronte all’approdo dei traghetti; fra le più amate, anche dai residenti di lungo corso, quelle denominate La Bobba, vicina ai faraglioni de Le Colonne, o Lucaise, o ancora la Caletta, procedendo in direzione Sud Ovest, a partire dal paese di Carloforte. Vi sono spacci e possibilità di noleggio di ombrelloni e canoe. Fra le scogliere, la palma va indubbiamente a La conca, due verdi fiordi incassati fra alte pareti di roccia dove si fa a gara a chi ha maggior fegato a tuffarsi; dappertutto si nuota con la maschera per godere di uno spettacolo variegato di frotte di pesciolini, polpi mimetizzati fra rocce e alghe, lucci e cernie per chi è fortunato, con una popolazione di mitili e molluschi sugli scogli. Sulla costa Nord, vanno segnalate due cale particolarmente suggestive per la contorta, stratificata conformazione geologica delle pareti rocciose che le contornano e per le acque, invece, particolarmente riparate: si tratta di Cala Vinagra e Cala Fico. Quest’ultima è la sede di una riserva faunistica, affidata alla LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli), perché vi nidifica, durante i mesi estivi, una rara specie di falchi, i Falchi della Regina, che ogni anno vengono qui a riprodursi volando dal Madagascar. C’è un sentiero che bordeggia sul lato est la cala, salendo alto fra gli scogli, in un paesaggio pressoché lunare, di rocce calcinate e modellate dal vento, dove specie in settembre, è possibile avvicinare i nidi e studiare, con l’aiuto dei volontari LIPU, le nuove covate. Ma ci sono tante ulteriori esperienze che i tratti della frastagliata costa di San Pietro (33 km in tutto) possono offrire. Dalla spiaggetta rocciosa di Genio si arriva a nuoto a una vicina insenatura, dalla scoscesa riva di argilla rossa, di origine vulcanica, con cui si possono fare fanghi rigeneranti, in una naturale oasi termale; per chi ama le emozioni forti e ne ha la capacità, a Nord, a Punta Oche, vi sono alte falesie dove è possibile praticare l’arrampicata a picco sull’acqua, guidati, se necessario, da esperti alpinisti locali. Oppure, ogni giorno, ci si può concedere il piacere di andare in proprio, alla scoperta, quasi alla conquista, di un tratto di scogliera dove si possa trascorrere l’intera giornata in solitudine fra cielo e acqua. Senza dimenticare di chiudere la giornata con la contemplazione di un tramonto rosso infuocato dall’alto della scogliera di Capo Sandalo, dominata dal faro omonimo, e che costituisce una sorta di finis terrae, la punta più a Ovest dell’isola e dell’intera Sardegna.