Sono Giuseppe Casale, medico e Coordinatore sanitario di Antea, una Associazione O.N.L.U.S. che opera
nell’ambito delle Cure Palliative da 25 anni, che rappresenta la prima realtà ad aver realizzato
l’assistenza integrata Hospice domicilio nel delicato settore delle Cure Palliative.
Dal 2010 sono membro della Commissione Ministeriale per l’applicazione della legge 38/2010.
Lo sviluppo delle Cure Palliative a partire dall’entrata in vigore della Legge 39/1999, meglio conosciuta
come Legge Bindi, ha visto negli anni un’enorme corsa alla realizzazione di Hospice da parte di alcune
Regioni, per lo più del Centro Nord.
Gli amministratori Regionali, in adempimento agli obiettivi della Legge Bindi e della Legge 38/2010,
hanno provveduto a realizzare molte strutture deputate ad erogare Cure Palliative, ma troppo spesso si
è riscontrata la carenza di formazione idonea dei progessionisti impiegati nelle strutture stesse. Questo
sistema ha purtroppo penalizzato la tipologia domiciliare dell’assistenza poiche nella difficoltà che gli
operatori riscontrano ad adottare protocolli di cure domiciliari in assenza di specifica formazione,
l’assistenza residenziale appare di piu facile gestione e il paziente, troppo spesso, viene ricoverato in
Hospice. Questo sistema ha avuto, purtroppo, il risultato di snaturare la finalità delle cure palliative, che
intendono restituire al paziente dignità e controllo delle patologie nel fine vita, permettendo, il più
possibile, il mantenimento delle proprie abitudini di vita e sociali, favorendo l’assistenza domiciliare.
In alcuni stati, appartenenti alla Comunità Europea e Extra UE, le Cure Palliative rappresentano un
percorso di studio annoverato tra le specializzazioni mediche, mentre, come noto, nel nostro Paese le
Cure Palliative rappresentano un percorso di studio che trova spazi formativi nel contesto di Master di I
e II Libello, realizzati grazie al coinvolgimento di professionisti che hanno acquisito conoscenze nel corso
della propria esperienza professionale e che si sono premurati di renderala fruibile al settore scientifico,
facendo della propria esperienza un metodo da trasmettere.
La pluriennale esperienza nel settore clinico delle cure palliative e nel settore formativo, dove sono
impegnato sin dal 1987, mi porta ad affermare che l’affidamento in cura di pazienti in fase terminale di
vita, a professionisti non formati specificatamente nel settore, espone i pazienti al rischio di non vedersi
riconosciuto il diritto alle cure, ed espone altresì i professionisti al rischio di ricadute della propria salute
psicofisica per il noto rischio di sviluppo del burn out.
Il rischio che vedo profilarsi, è che si realizzino case di morte, alcune anche molto belle, completamente
avulse dalla rete sanitaria e completamente estranee alla loro integrazione con il regime di assistenza,
proprio delle Cure Palliative, che è quello domiciliare.
Alcuni Hospice di recente realizzati, sono sovrapponibili a molti reparti ospedalieri in cui sicuramente
non si applicano le Cure Palliative, ma si incorre in vere e proprie forme di accanimento terapeutico se
non addirittura forme di abbandono terapeutico, proprio perchè carenti di figure professionali
competenti nella gestione del paziente in fase avanzata di malattia.
I piani di Rientro adottati da alcune Regioni, soprattutto nell’ultimo,periodo, hanno visto riconvertire
posti letto, o strutture intere, gestite sino al giorno prima per l’erogazione di prestazioni assai distanti da
un settore tanto delicato e peculiare come le Cure Palliative.
I pochi esempi citati danno la misura di quanto si rischi che il cittadino riceva una scarsissima qualità
assistenziale, di quanto non si applichino le Cure Palliative, e dell’impatto economico che tutto ciò
procura sulla spesa sanitaria Regionale e Nazionale.
Il quesito che vorrei porre agli amministratori pubblici di regioni ed ASL è finalizzato alla ricerca delle
ragioni che spingono alcune realtà organizzative ad una vera e propria corsa a realizzare gli Hospice,
avendo spesso più cura della struttura organizzativa che non dei professionisti che la occuperanno e
della loro, importante e doverosa, formazione clinica.
Personale che si occupava di fare assistenza in una medicina, in un centro di riabilitazione ecc, spesso si
sono trovati ad assistere persone di tutte le età in fase terminale, e questo comporta il vero
inadempimento alla legge 38/2010, che non ha imposto di realizzare numeri di strutture, ma qualità di
cure per i pazienti, riconoscendo il loro diritto in tal senso.
L’augurio è che al più presto si giunga alle reale applicazione della Legge 38, che ritengo una legge
all’avanguardia ed espressione di una società civile, la quale tra i tanti principi ribadisce quale
fondamentale la formazione degli operatori, dell’eguaglianza dei cittadini nel vedersi erogate le cure e
dell’uniformità della normativa regionale sia per le modalità assistenziali che per gli aspetti economici
connessi alla quota di rimborso, che registra, purtroppo, attualmente ancora grandi di stanze tra le
Regioni Italiane e a volte nell’ambito delle stesse. In una addirittura si sono differenziati in modo
assolutamente avulso dalla realtà e dal concetto degli Hospice nazionali ed internazionali, due tipi di
Hospice, quello di tipo ospedaliero, con una tariffa molto più alta degli Hospice residenziali , in cui non
dovrebbe esistere alcuna differenza assistenziale, altrimenti non dovrebbero chiamarsi Hospice. Gli
Hospice non sono altro che strutture che dovrebbero riguardare unicamente quei pazienti che non
possono essere seguiti a domicilio per carenza della struttura familiare o per situazioni logistiche
inadeguate della casa.
Ringraziandovi per l’invito spero che il mio contributo possa essere di aiuto per uno sviluppo serio delle
Cure Palliative in Italia, e che soprattutto le persone che ne necessitano abbiano un trattamento
adeguato alla loro situazione critica.
Dott.Giuseppe Casale
Coordinatore Sanitario
Centro Antea Rete di Cure Palliative.
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