Testi e foto di Di Tiziana Gulotta
Socia Centro Internazioale della Stampa Turistica
Dopo la pandemia, il Giappone ha riaperto le frontiere ai turisti togliendo, a partire dall’aprile 2023, ogni tipo di restrizione. In seguito ad un accordo bilaterale tra Italia e il Paese del Sol levante, è possibile anche ottenere un visto turistico alle frontiere, al costo di 24 euro. Sul fronte valutario, poi, in questi mesi si è anche verificata una forte svalutazione dello yen nei confronti dell’euro per cui il cambio risulta essere molto vantaggioso per noi europei. Non ci sono più scuse insomma per rimandare un viaggio in Giappone. Il mio tour è iniziato da Osaka, la porta d’ingresso della regione Kansai, cuore del Giappone tradizionale. Ci sono dei voli diretti da Milano e Roma per raggiungerlo. Il mio itinerario prevedeva uno scalo a Taipei. Dopo oltre 10 ore fino a Taiwan, ci sono volute ancora tre ore per arrivare finalmente ad Osaka dove abbiamo avuto giusto il tempo di atterrare per poi ripartire a bordo di uno dei bus posizionati agli arrivi dell’aeroporto in direzione di Kyoto (a 36 chilometri a sud est di Osaka), una città di un milione e mezzo di abitanti che è stata capitale del Giappone per oltre mille anni. Oggi vi sopravvivono santuari e strutture patrimonio dell’Umanità perché sfuggita alla distruzione della seconda guerra mondiale.
Kyoto
Kyoto offre bellezze monumentali e naturali ed è il posto migliore per prendere confidenza con la cultura giapponese. Inoltre, è dotata di una modernissima stazione ferroviaria in acciaio e vetro, una delle più trafficate del Giappone. Il mio tour di Kyoto è iniziato da una delle periferie della città, Arashiyama, un’area che ha profondi legami Zen ben collegata con il centro da treno, tram e persino da un bus che richiede più tempo ma offre la possibilità, durante il tragitto, di ammirare il paesaggio urbano. Tra templi Zen come il Tenryu-ji, uno dei più importanti del Giappone con il Sogenchi garden patrimonio dell’Umanità e castelli, come il Nijo, è la natura però ad attirare la mia attenzione. La natura che i giapponesi venerano come una autentica divinità. Scopro così un Giappone diverso da quello che avevo immaginato e che è fatto di sushi, manga e tecnologie di vario genere. Ad Arashiyama, vi è una foresta di bambù che occupa un’area di 16 chilometri con alberi che possono toccare anche i cinquanta metri. Ci arrivo in risciò trainata da un essere umano. Mi spiegano che si tratta di atleti che portano in giro i turisti. Superato questo imbarazzo caratterizzato dal fatto di vedere un uomo alla guida di un calesse, scendo dal risciò e mi addentro nella foresta di bambù dove rimango a guardare per qualche minuto con il naso all’insù e la bocca aperta. La mia visita di Kyoto prosegue nel centro intorno ad altre attrazioni come il Nishiki market, il pittoresco e antico mercato al coperto dove si trova ogni sorta di cibo.
Al centro di Kyoto, è il quartiere Gion che mi ha emozionato particolarmente poichè costituisce l’ambientazione in cui sono state girate alcune scene del film ‘Memorie di Geisha’ di Rob Marshall. In particolare, il mio sguardo si posa sul canale Shirakawa, costellato da ochaya (case da thè) e i machiya, le abitazioni tradizionali giapponesi. Gion è conosciuto in tutto il mondo per essere uno dei quartieri di Kyoto in cui tutt’oggi vivono le
geisha, delle artiste esperte nel campo delle arti, del canto e della danza. Di sera, capita di incontrale mentre vanno a lavorare, a piccoli e frettolosi passi. Strette nei loro chimono non amano farsi fotografare. E allora si danno alla fuga con una velocità supersonica. Insieme a Gion, vi è un altro luogo dove le Geisha e le apprendiste, cosiddette maiko, vanno lavorare. Si tratta del Pontocho – dori , una via chiusa al traffico, lunga e stretta che costeggia il fiume kamogawa. Di giorno è una arteria tranquilla, la sera vi è una bella atmosfera per via delle luci, dei ristorantini e dei locali che si affacciano sulla riva dove si può fare una lunga passeggiata notturna. In questa area, gli Izakaya cioè le tipiche taverne dove giapponesi si recano al termine del lavoro per bere il sakè (una sorta di vino di riso) sono ritornati ad essere pieni ed anche i turisti girano per il Pontocho-dori per degustare la tradizionale cucina kaiseki, un pasto a più portate e a piccole porzioni che non si riassume in questo o quel piatto ma in una filosofia.
Nara
La seconda tappa del mio viaggio prosegue a Nara, ex capitale imperiale del Giappone, dichiarata patrimonio dell’Umanità, a circa quaranta chilometri da Kyoto. Una delle principali attrazioni di Nara è il tempio Todai-ji che presenta all’esterno un originale tetto con doppie corna dorate e una grande statua del Buddha le cui mani aperte sono grandi quanto un essere umano. Nelle prime due settimane di marzo in questo tempio si celebra l’Omizoturi, una delle feste buddiste più antiche del Giappone, contraddistinta da centinaia di torce accese che danno vita a spettacolari giochi di luce. Questo monumento si trova all’interno di una riserva naturale popolata da cervi considerati animali sacri, esattamente come la mucca in India. Diversi negozi a Nara noleggiano i kimono, gli abiti tradizionali giapponesi che oggi le donne indossano in occasioni speciali come matrimoni o funerali ed è sempre più raro vederle abbigliate in questo modo per questioni di praticità. Prima di arrivare al tempio, ne ho affittato uno. L’esperienza a Nara, è proseguita all’interno di una machiya, la casa tradizionale giapponese circondata da un giardino zen e contraddistinta dal minimalismo e da una atmosfera rilassante.
Tokyo
In Shinkansen, il treno ad alta velocità, da Kyoto si può raggiungere in un paio di ore e mezzo l’avveniristica Tokyo. Queste due città nonostante siano situate entrambe sull’isola di Honshu, sono lontane tra loro ma grazie all’efficientissimo sistema di trasporto pubblico che inaugurerà nel 2027 un treno a levitazione magnetica che viaggerà a 500 chilometri orari, le distanze si accorceranno ancor di più. Prima di immergermi in questa megalopoli tecnologica, con 37 milioni di abitanti, mi cimento però in un’altra esperienza: un corso pratico di sushi e sashimi. Alla fine degusto le mie ‘creazioni’ realizzate sotto la guida dello chef. Mi faccio una idea delle dimensioni di questa città devasta in passato da terremoti e guerre e poi risorta dalle ceneri come una araba fenice, dal grattacielo del Tokyo metropolitan Government, la sede amministrativa del governo di Tokyo, nel quartiere finanziario di shinjuku. Si può salire in cima gratuitamente e ammirare da diverse angolazioni i grattacieli della città mentre il monte fuji fa da sfondo. Ed ecco svettare il Tokyo Sky tree, la torre di 634 metri più alta di questa metropoli, il Tokyo tower (333 metri) e il Cocoon tower a forma di bozzolo, sede della prestigiosa scuola di moda e di design. Da Shinjuku in metropolitana, si può arrivare in una oasi verde, il Parco Yoyogi. E’ ancora la natura a sorprendermi. All’interno di questa isola salubre, nel cuore di Tokyo, vi è un santuario shintoista chiamato Meiji. Un torii, un portale gigantesco di legno di cipresso introduce in questo parco con migliaia di alberi di varie specie donate dai giapponesi di tutto il mondo. A seguire lungo il viale alberato si trovano delle botti di sake’, si tratta di donazioni provenienti da vari produttori giapponesi. Questo polmone verde all’interno della caotica Tokyo è visitato quotidianamente sia come luogo sacro e meditativo sia come area di ricreazione. Nel piazzale antistante il museo si vede arrivare una processione guidata da un monaco. Si tratta di un matrimonio shintoista. (Foto).

Non capita tutti i giorni e mi sento fortunata di poter assistere a questa cerimonia. Le suggestioni non mancano proseguendo il tour dei quartieri verso Akihabara, una specie di cittadella dell’elettronica, Shibuya con il passaggio pedonale più affollato del mondo e dove è stata eretta una scultura di bronzo dedicata al cane Hachiko, divenuto famoso per la fedeltà al suo padrone e che ha ispirato l’omonimo film di Lasse Hallstrom. Ed ancora il quartiere di Harajuku cuore dei cosplayers, giovani adolescenti che si identificano nei fumetti e si vestono come i loro eroi. Molti di loro si ritrovano nella Takeshita street, una via pedonale piena di negozietti che intercettano sempre nuove e stravaganti tendenze di moda. Non distante da Harajuku e Shibuya, si trova il viale alberato Omotesando, conosciuto come i champs-elysees di Tokyo per la somiglianza al viale parigino, una zona commerciale e dello shopping. Se Shinjuku e Shibuya rappresentano la parte più nuova e in continuo cambiamento di Tokyo, altri quartieri come Asakusa lungo il fiume Sumida, conservano una antica atmosfera perché si tratta di aree risparmiate dai disastri della seconda guerra mondiale. Nel terzo weekend di maggio vi si svolge uno dei più importanti festival shintoisti intorno al tempio Senso – ji. (foto). Abbiamo accennato ai quartieri più popolari e menzionati da ogni guida ma è nelle zone periferiche che sopravvive l’anima di questa immensa metropoli proiettata verso il futuro. Tra questi quartieri vi è Yanesen. Non lo trovi in mappe e cartine ma ci dicono che bisogna scendere alla stazione di Nippori oppure si può andare a piedi in mezz’ora dal Parco di Ueno. Visitare questa zona percorrendo stretti vicoli con edifici in legno e botteghe dal fascino retrò aiuta a staccarsi dal trambusto cittadino. Se si ha la possibilità di permanere diversi giorni a Tokyo, infine, si può fare una capatina a Odaiba, conosciuta come Daiba, l’isola artificiale di Tokyo. Si arriva a bordo di una monorotoia sopraelevata, un treno completamente automatizzato che dalla stazione di Shimbashi in 15 minuti ti porta a destinazione. Fa un certo effetto apprendere che non vi è il conducente alla guida di questo mezzo di trasporto. Ad Odaiba, si può ammirare il Rainbow Bridge che collega questa isola artificiale al resto di Tokyo. Oltre al ponte vi è una riproduzione della statua della libertà di New York. Per un attimo mi sembra di stare negli Stati Uniti d’America però mi ravvedo e ricordo di trovarmi in Giappone.
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